L’Imbarazzo

Un'emozione sociale dai molteplici significati


Ci si può imbarazzare in ascensore, nell’indecisione se offrire il posto in autobus, dinanzi ad un fallimento, in una situazione di intimità, quando si ricevono delle lodi, dopo essersi accorti di aver dimenticato il portafogli alla cassa di un negozio, per un’azione o espressione incauta, maldestra, inopportuna, per una presa in giro subita, …, senza contare che l’imbarazzo è contagioso tanto che si può arrivare a viverlo al posto di qualcun altro.

Diffusa e presente in svariati contesti, c’è accordo nel ritenere che per provare questa emozione la persona debba trovarsi sempre in una situazione interpersonale in cui ad andare in crisi è la sua immagine pubblica. Segnala, infatti, infrazioni di norme sociali o l’assenza di norme esplicite di comportamento, che minacciano la “faccia” del protagonista facendogli fare brutta figura dinanzi agli altri, oltre che di fronte a se stesso (Contarello e Zammuner, 1990).
Ne discende che è più a rischio di imbarazzi chi sopravvaluta il giudizio degli altri e sottovaluta le proprie capacità (Edelman, 1987).

Si riferisce ad uno stato d’animo temporaneo di confusione, sconcerto, perplessità, o di incertezza, esitazione, o ancora di preoccupazione, inquietudine.

Ma visto che essere imbarazzati non è mai una condizione piacevole, che fare?
D’Urso e Trentin (1992) suggeriscono diverse possibilità, a seconda delle circostanze, per tentare di cavarsi d’impaccio quando insorge improvvisamente:
Se avete fatto una goffaggine piccola e che danneggia solo voi, siate i primi a farla notare e a riderci sopra.
Se avete fatto una goffaggine grossa e che danneggia qualcuno, scusatevi rapidamente, mettete in chiaro che riparerete e cambiate discorso.
Se siete imbarazzati senza aver fatto nulla, per paura di essere brutti, poco eleganti, o di balbettare, o non sapere cosa dire, vi si aprono due strade.
Quella eroica che comporta grandi rischi ma anche grandi possibili guadagni di stima, fascino, prevede di dire esattamente come ci si sente.
Quella facile da attuarsi con un po’ di esercizio di autocontrollo, consiste nel non fare assolutamente nulla se non dirigere voi la vostra attenzione agli altri, senza preoccuparvi di quello che potreste o dovreste dire. E se dovete per forza agire, ad es. tenere una conferenza, recitate la scena prima, come se foste in un teatro, per cercare di prendere confidenza con il contesto nel quale vi troverete.

Il Conflitto tra genitori e figli adolescenti

Tutti gli adolescenti stabiliscono una relazione più o meno conflittuale con i loro genitori


Un motivo fondamentale di conflitto è riconducibile al passaggio nell’adolescente dall’idealizzazione dei genitori alla loro svalorizzazione.
Ma è proprio screditando le norme, i valori e gli interessi genitoriali che l’adolescente riesce a guadagnarsi lo spazio per elaborare una propria personalità.
Il suo modo provocatorio di porsi, comunque, non significa che egli desideri eliminarli come modelli: la stima che ha di sé è strettamente legata a quella che ha dei suoi genitori (Lidz, 1969).
All’interno delle divergenze che si creano in famiglia, non è certo facile per i genitori abbandonare l’immagine del loro “bambino ideale” e vedere messo in crisi il mito dell’armonia familiare (Telleschi e Torre, 1988).

Un ulteriore motivo di conflitto è rintracciabile nel miscuglio di sfida e dipendenza (Winnicott, 1965) che caratterizza l’adolescenza. Infatti, se da un lato gli adolescenti si mostrano spesso provocatori nel tentativo di reclamare la loro individualità, è vero anche che possono apparire persino puerili quando manifestano atteggiamenti che richiamano la dipendenza degli stadi infantili.
I genitori sono, allora, chiamati a trovare una via di mezzo fra l’autoritarismo e il lasciar fare, che agevoli il processo di emancipazione, il quale non consiste nel compiere una rottura nei rapporti ma nel giungere ad una relazione paritaria.

L’adolescente chiede ai suoi genitori autonomia ma allo stesso tempo sicurezza e protezione (Lutte, 1987). Ai genitori i figli chiedono di adeguarsi alla loro esigenza di sperimentarsi al di fuori della famiglia, pur conservando la possibilità di rientrarvi quando ne sentono il bisogno.

Si è visto come la comunicazione tra genitori e figli, volta a chiarire i fraintendimenti alla base dei contrasti che solitamente si creano in questa complicata fase di transizione, se nell’immediato può accrescere il disaccordo, a lungo termine ha l’effetto di aumentare la coesione.

Philippe Jeammet (2012), uno dei più noti studiosi di adolescenza, dice che in fondo l’adolescente rivela la contraddizione che ogni essere umano porta con sé, riassumibile nel paradosso per il quale gli esseri umani devono nutrirsi degli altri per divenire se stessi, ma devono anche differenziarsi da coloro da cui hanno ricevuto per sentirsi se stessi.

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